
Nel 1943, un periodo storico caratterizzato da tensioni e conflitti, sette donne si trovano riunite in una stanza. Sono sedute attorno a un tavolo rettangolare, pronte a degustare una serie di portate. Non si tratta di una celebrazione, né di un premio o di una prova di resistenza, ma di un compito inquietante: testare il cibo destinato al Fuhrer, per assicurarsi che non contenga veleni. Queste donne, note come Le assaggiatrici, sono le protagoniste dell’omonimo romanzo di Rosella Postorino, ora adattato per il grande schermo dal regista Silvio Soldini. Il film è stato presentato in anteprima al Bif&st e arriverà nelle sale cinematografiche il 27 marzo 2025, distribuito da Vision Distribution.
Il film di Silvio Soldini: un’opera di ricerca e veritÃ
Il regista Silvio Soldini ha affrontato con grande serietà la realizzazione di questo film, ponendo come priorità la necessità di rendere giustizia alla vita e alle esperienze di queste giovani donne, che ottant’anni fa hanno vissuto un dramma inimmaginabile. Soldini ha dichiarato che il suo obiettivo era quello di creare una messa in scena rigorosa, capace di dare forza al racconto. Per raggiungere questo scopo, ha lavorato in modo dettagliato con ogni reparto, partendo da fotografie d’epoca che ritraevano uomini e donne negli anni ’40 in Germania. Ha cercato di cogliere l’essenza di quel periodo attraverso immagini di quadri, accostamenti di colori e fotografie a colori realizzate con pellicola Agfa, caratterizzate da tonalità di magenta e blu. Questi elementi hanno fornito una direzione precisa alla fotografia di Renato Berta e alla scenografia di Paola Bizzarri, che ha ricostruito l’ambiente di una scuola trasformata in caserma dalle SS, creando un’atmosfera grigio-azzurra, in linea con le uniformi dei soldati e priva di altri colori.
La storia reale delle assaggiatrici di Hitler
La trama di Le assaggiatrici si ispira a una storia vera: quella di Margot Wölk, che nel 2012, a 95 anni, ha rivelato di essere stata una delle giovani donne costrette a degustare i pasti di Hitler. Prima di allora, l’esistenza di queste assaggiatrici era rimasta sconosciuta. Rosella Postorino ha scoperto la sua storia tramite un trafiletto di giornale e, pur non avendo potuto intervistare Wölk, unica sopravvissuta tra queste donne, ha svolto un’accurata ricerca. Unendo elementi di realtà e finzione, ha creato un racconto drammatico e potente. Silvio Soldini ha utilizzato questo materiale, infondendo nel film un amore e una profondità che superano la mera finzione, cercando di catturare anche i rari momenti di gioia vissuti dalle protagoniste.
L’ispirazione per il film Le assaggiatrici
Il regista Silvio Soldini ha spiegato che per lui è fondamentale sentire un’attrazione particolare verso un romanzo prima di tradurlo in immagini. Deve esserci una connessione profonda con la storia, i personaggi e le emozioni che essa evoca. Ha paragonato questa esperienza a quella vissuta in passato con il romanzo Ieri di Agota Kristof, dal quale ha tratto il film Brucio nel vento, girato in ceco. Questa volta, il romanzo di Rosella Postorino lo ha portato a realizzare un film in tedesco, una lingua che non conosce. Ha sottolineato come sia stato necessario girare in tedesco per raccontare una storia ambientata nel 1943 in Germania.
Le assaggiatrici si presenta come un film rigoroso e autentico, che esplora il passaggio dal terrore all’abitudine, evitando quasi del tutto la rassegnazione. Silvio Soldini ha evidenziato come il cuore del film risieda nel gruppo di donne costrette a condividere uno spazio angusto attorno a un tavolo. In quel contesto, tra attese e pasti, le protagoniste vivono una gamma di emozioni, dalla paura alla rabbia, fino a formare legami di amicizia o tradimenti. Questo racconto, ora portato sul grande schermo, si rivela un’analisi stimolante del potere e della sottomissione, offrendo uno sguardo inedito sugli effetti del totalitarismo sulla vita quotidiana delle persone.